martedì 4 marzo 2008

Lucrezia Borgia a Barcellona: Arsenico e vecchi merletti


Nel desolato panorama d'oggi, la parabola di Edita Gruberova ha del miracoloso: a sessantuno anni - e in carriera da quaranta - la signora ha un ritmo lavorativo da far invidia a colleghe e colleghi tanto più giovani di lei. Mentre i trenta-quarantenni arrancano per arrivare a fine recita e cancellano produzioni onde "riposare" la voce, la cantante ceca inanella concerti (in cui alterna e dosa con saggezza Lieder e pagine d'opera) e produzioni liriche (eclettiche anche queste: ad Ariadne auf Naxos e Puritani si affiancano Devereux e Norma) e arriva ad annunciare, per il 2011, nientemeno che una ripresa di Anna Bolena. E trova anche il tempo di preparare un debutto ambizioso e per certi versi assolutamente folle come Lucrezia Borgia! Il Corriere della Grisi non ha potuto fare a meno di volare a Barcellona per assistere all'ultimo (ma non ultimo, ne siamo certi) peccato di vecchiaia di Frau Edita.
La signora ha evidentemente studiato, e tanto: l'impegno è sempre massimo, tanto sotto il profilo vocale quanto interpretativo, che poi nel caso della Gruberova (in questo veramente "old style") coincidono perfettamente. La signora coglie di Lucrezia soprattutto il lato di madre trepida e sventurata, trasformando l'altera duchessa di Ferrara in una composta signora dell'alta borghesia che al massimo potrebbe vendicarsi delle amiche che spettegolano su di lei mettendo il pepe nelle loro tazze di tè. Persino l'abito scelto per il concerto (una mise pesca-rosa da matura cresimanda) appare non tanto inadeguato, quanto del tutto indifferente allo spessore tragico del personaggio. Ed è di conseguenza soprattutto nei cantabili (Com'è bello, M'odi ah m'odi) che Edita (come la chiama, anzi la invoca a gran voce, il devotissimo pubblico del Liceu) dà il meglio di sé, sfoggiando una voce ancora ben salda al centro e inserendo, fra un portamento e l'altro, prodezze tecniche che hanno, oggi, pochi o punti termini di paragone (un esempio per tutti: il la bemolle acuto nel finale del prologo, attaccato in pianissimo, tenuto allo spasimo e rinforzato), testimonianza della capacità, languente ma non spenta, di piegare la propria voce agli effetti desiderati (per quanto di dubbio gusto). Anche i sovracuti, tradizionale tallone d'Achille della Gruberova anni 2000, appaiono più saldi del consueto (tranne l'ultimo, attaccato bene ma sporcato in chiusura). Semmai questa matura Lucrezia mostra la corda, malgrado raggiusti e puntature, nei recitativi e ovunque sia necessario sfoderare un minimo sindacale di accento imperioso (Son la Borgia: ma de che?), per tacere delle ossute variazioni di Era desso il figlio mio, in cui è scontato, ma non per questo scorretto, rimpiangere l'impeccabile vocalizzare di una Sutherland a fine carriera.
Nei panni di Gennaro, Josep Bros fornisce una prova corretta e priva di brividi (in ogni possibile senso). La voce, ben proiettata al centro, è sufficientemente morbida, nonostante risulti a più riprese alquanto nasale. Il fenomeno si avverte in maniera spiccata nell'aria aggiunta T'amo qual s'ama un angelo, in cui la scrittura, decisamente alta, fa emergere più di una tensione, particolarmente negli acuti ghermiti con visibile - e udibile - sforzo. Confortante, comunque, la solidità di questo onesto professionista, in un'epoca che eleva agli altari ben più modesti idoli.
E veniamo alla grande delusione della serata. Ewa Podles non esibisce più che una voce smilza smilza, che facilmente sparisce nei "tutti" e ovunque non appena l'orchestra oltrepassi il mezzoforte. La tessitura centrale di Maffio (cui si aggiungono, tradizionalmente, non poche impennate all'acuto) fa a pugni con quel che resta di una vera voce di contralto: la signora freme e sbuffa, agitandosi in modo piuttosto scomposto e compromettendo la qualità dell'emissione. Eufemistico parlare di registri disomogenei: si fatica a trovare due note, anche prossime, che non sembrino assemblate a partire da voci differenti. Si aggiunga la parsimonia (questa davvero sospetta) di variazioni nel celebre brindisi, che il pubblico applaude vigorosamente forse più per tradizione che per convinzione.
Ildebrando d'Arcangelo, voce piccola perché maldestramente proiettata, corta in alto e fioca in basso, è un Duca Alfonso un grandino sopra il comprimariato (e fatto salvo il giovane e gentile aspetto).
Comprimari tremendi, a eccezione del Gubetta di Roberto Accurso.
Stefan Anton Reck sceglie tempi spediti (richiesta della Diva?) e scarse finezze (ma con un'orchestra, e soprattutto un coro, come quelli del Liceu non c'è da aspettarsi copia di raffinatezze), conducendo abilmente in porto l'operazione "Edita Borgia", un'operazione improbabile cui neppure la Diva (che pure annuncia una ripresa in forma scenica per il 2009 a Monaco) sembra credere sino in fondo.

Lucrezia Borgia
dramma tragico in un prologo e due atti
libretto di Felice Romani
musica di Gaetano Donizetti

versione in forma di concerto

Alfonso d'Este - Ildebrando d'Arcangelo
Lucrezia Borgia - Edita Gruberova
Gennaro - Josep Bros
Maffio Orsini - Ewa Podles
Jeppo Liverotto - Roger Padullés
Apostolo Gazella - Alberto Feria
Ascanio Petrucci - Francisco Santiago
Oloferno Vitellozzo - Jordi Casanova
Gubetta - Roberto Accurso
Rustighello - Bülent Külekçi
Astolfo - Bálint Szabó
Servitori - Xavier Comorera, Pierpaolo Palloni
Una voce - Mariano Viñuales

Orchestra Sinfonica e Coro del Gran Teatre del Liceu
Direttore - Stefan Anton Reck
Maestro del coro - José Luis Basso

Gran Teatre del Liceu, Barcellona
1 marzo 2008

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